lunedì 1 febbraio 2021

Senza chiedere è il modo più bello di ricevere - Report finale esperienza di Service Learning Internazionale di Elisa Sartori FISPPA / UNIPD


  

“Viaggiare è camminare verso l'orizzonte, incontrare l'altro, conoscere, scoprire e tornare più ricchi di quando si era iniziato il cammino. Il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma. Non c'è uomo più completo di colui che ha viaggiato, che ha cambiato venti volte la forma del suo pensiero e della sua vita”. (F. M.)

 

Era da ben tre anni che aspettavo di partecipare al progetto di ricerca e scambi interculturali INTEREURISLAND: ne ero venuta a conoscenza ad un seminario didattico al primo anno del mio corso di Scienze dell’Educazione e della Formazione, sede di Rovigo, dell’Università di Padova.

In un primo momento avevo rimandato l’idea di partire perchè volevo terminare tutti gli esami e anche perché non c’era ancora una borsa di studio attiva per questo progetto. L’anno successivo l’UNIPD ha proposto borse di studio di mobilità per paesi extra-europei, attraverso il Bando ULISSE a cui ho partecipato, ma è sorto un problema ben più grande: la pandemia del COVID-19.

A marzo del 2020, all’inizio del percorso formativo pre-partenza proposto dal progetto, eravamo un’equipe di sei studentesse/i desiderosi di partire, ma nei mesi successivi, chi per un motivo e chi per un altro, hanno rinunciato tutte/i: io invece no. Ero determinata a portare avanti questo mio piccolo sogno pur con il desiderio di seguire tutte le precauzioni necessarie e devo dire che il sostegno e la fiducia del coordinatore del progetto sono stati fondamentali.

Incontro di condivisione BEA & Intereurisland
La formazione pre-partenza prevedeva alcuni incontri online, dove erano presenti anche altri studenti, durante i quali ho appreso importanti informazioni sul territorio e l'ente presso il quale avrei svolto la parte pratica del tirocinio. Fra questi momenti, anche un incontro di condivisione dove ho avuto modo di confrontarmi con gli altri studenti che hanno vissuto la loro esperienza di tirocinio in Brasile e con altri che si stavano preparando a partire come me, condividendo opinioni, emozioni e consigli.

Un’altra attività significativa è stata la frequentazione del corso on-line di lingua e cultura brasiliana, condotto da studentesse del DCH III UNEB nella logica della peer education, che mi ha permesso di comprendere e confrontarmi in maniera più profonda con la cultura brasiliana attraverso il dialogo, trovando similitudini e differenze con quella italiana.

L'ultima tappa del percorso formativo pre-partenze del 2020 (per le esperienze di mobilità verso il Brasile del progetto BEA e Intereurisland) è stata un'esperienza di immersione nell'incontro/scontro/conflitto & dialogo interculturale e nella natura, vissuta al Bivacco Valoon Scur, sopra Passo San Boldo (TV).

Il gruppo in partenza per il bivacco.

A formazione terminata, dopo una burocrazia infinita e con la partenza posticipata e indecisa fino all’ultimo momento (a causa dei limiti del periodo storico), sono giunta alla tanto attesa città di Petrolina, nello Stato del Pernambuco, Regione Nord Est del Brasile.

L'equipe Intereurisland 2020 atterra a Petrolina
Per quanto concerne gli obiettivi di tirocinio che mi ero posta prima di cominciare questa esperienza di mobilità, essi riguardavano:
  • Approfondire la conoscenza di un’università estera;
  • Approfondire la conoscenza della proposta pedagogica del Service Learning Internazionale;
  • Studiare i diversi approcci culturali locali al trattamento di minori che vivono in condizioni di disagio;
  • Approfondire le conoscenze acquisite durante i corsi frequentati all’Università e applicarle in contesti pratici;
  • Prendere attivamente parte alla routine della giornata tipo dell’ente che accoglie minori in condizioni di disagio (dove svolgo il tirocinio pratico);
  • Acquisire nuove competenze operative precedentemente concordate con l'equipe;
  • Sviluppare attività con minori dai 3 ai 6 anni in condizioni di disagio;
  • Apprendere le metodologie mirate al monitoraggio dei progressi dei bambini, osservando le educatrici presenti nella struttura.
Il programma iniziale era quello di restare in Brasile un mese e mezzo, visto che avevo già iniziato la mobilità virtualmente in Italia, ma in seguito ho deciso di prolungare la mia permanenza per diversi motivi, uno dei quali riuscire a svolgere una ricerca più approfondita del mio lavoro di tesi.

L’esperienza di mobilità che il progetto propone prevede un’alternanza continua fra attività teoriche, al Dipartimento di Scienze Umane DCH, Campus III, dell’Università dello Stato della Bahia UNEB e una parte pratica di tirocinio in enti della comunità attraverso il progetto di Service Learning ‘La relazione educativa in contesti extrascolastici’.

Riunione alla Segreteria di Assistenza Sociale, Juazeiro-BA.
Il mio interesse in svolgere attività di tirocinio e di tesi con la fascia d’età dai 3 ai 6 anni ha permesso al progetto di aprire la rete di collaborazioni locali con la Segreteria di Assistenza Sociale della città di Juazeiro, Bahia, separata da Petrolina solo dal fiume São Francisco. Così ho avuto la possibilità di realizzare per la prima volta l’esperienza in una casa di accoglienza per minori che vivono in condizioni di vulnerabilità sociale, tolti alle proprie famiglie da una decisione del giudice dei minori della circoscrizione di interesse.

La parte teorica dell’esperienza (vissuta tutta on-line) ha previsto la frequentazione del corso Educação do Campo e Sustentabilidade (Educazione del campo e sostenibilità - Mestrado PPGESA), un insegnamento finalizzato ad approfondire il fenomeno dell'educazione contestualizzata basata sulla prospettiva della coesistenza con il semi-arido brasiliano e ad apprendere le pratiche pedagogico/educative e organizzative sviluppate dai diversi gruppi sociali che operano sul territorio Locale.

Inoltre, attraverso la frequentazione del corso Relações Interpessoais e dinâmicas de grupo (relazioni interpersonali e dinamiche di gruppo) si è lavorato sull’importanza della comunicazione, quale competenza essenziale per portare avanti le relazioni interpersonali e interculturali. Il corso ha approfondito la comunicazione assertiva e l’ascolto attivo nel rapporto educativo. È stato un corso dinamico in cui ho avuto la possibilità di confrontarmi con gli altri studenti presenti e rinforzare il concetto di condivisione, confronto e rispetto delle idee altrui.

Presentazione dell'esperienza al gruppo EDUCERE
Un'altra attività teorica è stata la partecipazione al gruppo di ricerca EDUCERE, che mira a proporre attività di ricerca e azione per approfondire dal punto di vista teorico e pratico l'educazione contestualizzata in modo specifico in ambito educativo. Con loro ho vissuto l'importanza della condivisione, del confronto e aggiornamento ogni due settimane rispetto a idee, proposte, progetti che si possono mettere in pratica in questo ambito.

Sempre nella logica della peer-education, anch'io, come le studentesse brasiliane avevano fatto con me nella formazione pre-partenza, mi sono potuta mettere in gioco come 'professora' di lingua e cultura italiane, a fianco del coordinatore del progetto, per l'organizzazione e gestione di un corso on-line aperto a docenti, studenti e tecnici UNEB e persone dalla comunità. Fra gli studenti presenti potranno esserci quelli che, se sarà possibile, verranno in Italia da marzo a luglio del 2021.

L'unica reale criticità che ho riscontrato in merito alle attività teoriche è stata relativa alla distanza imposta dalla situazione storica attuale che stiamo vivendo a livello globale, che non ha consentito di poter incontrare di persona i soggetti coinvolti in queste esperienze.

Per quanto riguarda la parte pratica dell’esperienza (vissuta in presenza seguendo i protocolli di contenimento della pandemia COVID19), nella casa di accoglienza le indicazioni erano quelle di svolgere un primo periodo di reciproca conoscenza con coordinatrice, operatrici e minori accolti e, in seguito, sviluppare attività specifiche. In accordo con la mia docente tutor di Tesi mi sono interessata ad osservare come questi bambini vivevano le emozioni, sostenendo in particolare la tesi che coltivare risorse positive, come per esempio il coraggio, possa aiutare i minori maltrattati a fronteggiare meglio il trauma psicologico della violenza, riducendone l’impatto negativo.

Sempre secondo quanto previsto dal mio progetto di tirocinio, a seguito di un incontro di condivisione con la coordinatrice della casa, le attività che ho svolto sono state le seguenti:

Osservazione partecipante e conoscenza della struttura: al mio arrivo ho avuto modo di approfondire le caratteristiche, le regole, le finalità e l’utenza della casa di accoglienza, prendendo parte alle loro attività come osservatrice partecipante.

Somministrazione di un’intervista sul coraggio al personale educativo: ho sottoposto un questionario conoscitivo alle educatrici del centro, impegnate nella gestione e nell’educazione dei minori. Lo scopo di questa attività era quello di approfondire la conoscenza di come si possa esprimere l’emozione del coraggio, all’interno di un contesto complesso e difficile come quello vissuto dai minori accolti nella struttura.

Nello specifico, ho chiesto alle educatrici che cosa fosse per loro il coraggio e, a loro parere, in che circostanze i bambini lo avessero dimostrato. In seguito, ho domandato se fossero a conoscenza di qualche favola, o leggenda brasiliana, che parlasse del coraggio e quali fossero gli strumenti a disposizione dei bambini per gestire le emozioni negative. Ancora, ho approfondito se le educatrici avessero una formazione riguardo alla tematica dello sviluppo emotivo e/o se avessero piacere a prendere parte ad un corso di formazione su questo argomento molto importante. 

Pallina ... durante o 'Dia das crianças'

Attività di storytelling sul coraggio: ho condotto un’attività con i bambini, in cui ognuno di loro doveva disegnare un personaggio o un oggetto su un foglio di carta. Dopodiché, i fogli erano posti su un tavolo e con gli occhi chiusi ogni bambino ne pescava uno a caso e in base al soggetto del disegno costruiva una storia sul coraggio. Lo scopo di questa attività di storytelling era quello di far riflettere i bambini sul concetto del coraggio e su cosa vuol dire per loro essere coraggiosi.


Interviste individuali sul coraggio: ad ogni bambino ho posto alcune domande per stimolarlo a riflettere sull’emozione del coraggio. Ho chiesto cosa fosse per loro e quando era stata l’ultima volta che l’avevano provata. In seguito, chiedevo loro di indicare in un termometro disegnato su un foglio di carta, quanto si erano sentiti coraggiosi in quella situazione. Ancora, ho esplorato quali altre emozioni fossero emerse e come si erano manifestate a livello corporeo. Infine, ho chiesto loro se vi fossero degli oggetti che li aiutavano ad avere coraggio.

Entrambe queste parti del tirocinio, sia quella teorica sia quella pratica, sono risultate per me molto significative poiché mi hanno permesso di apprendere conoscenze e competenze nuove relative al lavoro di educatore vivendo costantemente la relazione fra la teoria e la pratica. Rispetto alla parte teorica, ho avuto modo di confrontarmi con studenti e docenti sui temi della comunicazione e del dialogo interculturale e conoscere meglio la cultura del Brasile. Inoltre, ho appreso come applicare alcune metodologie didattiche, come ad esempio lo storytelling e la peer education, per raggiungere finalità educative con i bambini. Ciò mi è stato molto utile per la progettazione delle attività dell’esperienza pratica di tirocinio condotta presso la casa di accoglienza. A tal proposito, ho scelto di utilizzare come filo conduttore delle mie attività il tema del coraggio.

Le sagome dei bambini - laboratorio / intervista:

La scelta di approfondire questa emozione è nata in seguito alle riflessioni condotte in ambito universitario rispetto alla disregolazione emotiva dei bambini, conseguenti a vissuti traumatici. Considerando le difficili condizioni socio-economiche e culturali dei contesti di provenienza dei bambini accolti e le condizioni di violenza e disagio familiare che ne hanno determinato il loro distacco, coltivare il coraggio poteva rappresentare un fattore protettivo rispetto ai danni psicologici causati da tali situazioni a loro stessi. Nel complesso, i bambini hanno risposto positivamente alle attività proposte, mostrando curiosità e interesse per il tema dominante. Dalle interviste e dalle storie elaborate è emerso che il coraggio è considerato importante per non farsi sopraffare dalla paura, per affrontare la punizione a cui sono andati incontro e/o il pericolo di farsi male e per continuare a fare le cose che piacciono, nonostante a volte producano un po’ di timore o paura. Interessante il fatto che per 4 bambini su 6 il coraggio è stato associato alla paura. Il coraggio è visto anche come un mezzo per proteggere le persone a cui si vuole bene e per rafforzare i legami. Molto interessante anche il fatto che due dei bambini hanno detto che hanno sentito il coraggio nel loro petto, altri due nella pancia e uno di loro in altre paerti del corpo come la testa, le braccia e le gambe.

Nel complesso mi ritengo soddisfatta di aver svolto quest’esperienza perché mi ha fatto crescere e maturare sotto molti aspetti, sia per la mia futura professione che per l’aver stretto relazioni umane significative.

Ho ritenuto molto formativi i focus group che si tenevano settimanalmente con il coordinatore, per rielaborare alcuni episodi o situazioni con delle diverse chiavi di lettura attraverso una profonda attività introspettiva.

Non sempre, infatti, riusciamo a distinguere le emozioni dalle sensazioni che una certa situazione ci provoca, che cosa ci può insegnare questa esperienza vissuta e quali comportamenti potremmo adottare in futuro in circostanze analoghe.

Non è stato facile ascoltare certi racconti di violenza, maltrattamenti in famiglia e avere addosso una sensazione di impotenza. Certe forme di “castigo”, come per esempio fare inginocchiare i bambini su fagioli duri, mi sembra una cosa così antiquata e fuori da ogni mia concezione di rispetto verso il bambino; o addirittura la vendetta di un’amica della madre di uno dei bambini accolti, che si riversa verso quest’ultimo, rovesciando acqua bollente nel suo fragile corpo.

Facendo la pizza ...
Mi sono fatta molte domande dal punto di vista personale e professionale. Sicuramente ho rafforzato l’idea di avere una grande empatia con i bambini soprattutto nei loro tristi racconti e devo riuscire a lavorare molto su me stessa per far sentire la mia presenza e accoglienza ai bambini senza la ‘necessità’ di dare un ‘abbraccio’ fisico. È stato molto difficile per me lo ammetto. In questo periodo storico in cui non si può avere nessun tipo di contatto con le altre persone, nemmeno una semplice stretta di mano, ho avuto molta difficoltà. Sarà che fin dagli esordi della mia carriera professionale ho sempre lavorato in un asilo nido in cui il contatto fisico era fondamentale, sarà che io credo molto nella “terapia di un abbraccio” …

Solo una volta ho ceduto e ho abbracciato D. 15 anni. Nonostante fosse il più grande in struttura, era l’ultimo arrivato e quasi nessuno giocava con lui. Durante l’intervista ho chiesto se avesse un oggetto particolare che lo aiutasse ad avere coraggio e la sua risposta è stata “Dio, ho Dio… Dio è tutto. Coraggio, allegria, ...è tutto…solo lui può fare felici le persone”. In seguito, gli ho chiesto “E qual è la cosa più importante che chiedi a Dio?” e lui “un padre” ed io ancora: “e anche una madre?”, la sua risposta: “se Dio me la dà la voglio. Mia madre già mi ha fatto molto male. Questo è il motivo per cui sono qui… perché mi ha fatto molto male.”

Non ce l’ho fatta a rispondere con una frase di circostanza, il mio istinto è stato quello di abbracciarlo e dire che sicuramente Dio ascolterà le sue preghiere.

In realtà avrei voluto abbracciare ogni bambino ad ogni intervista, avrei voluto dire che mi auguro che presto possano riavere una famiglia che li ami come meritano e, in cuor mio, me li sarei portati tutti a casa con me ma a livello professionale ho rafforzato l’idea che si può far sentire la propria vicinanza a un bambino anche solo chiamandolo per nome, facendolo sentire riconosciuto.

Nonostante il periodo molto delicato, ho potuto vivere l’allegria della gente pronta a farti sentire accolta con calore, soprattutto con un’espressione che mi piace molto: “fica a vontade” (letteralmente “sentiti in casa”); il suono altissimo della musica da ogni angolo della strada, il sole cocente che ti accompagna tutto il giorno, la convivialità nel cibo e un rapporto di rispetto in ambito universitario e lavorativo nonostante si abbiano ruoli differenti.

Uno dei miei momenti preferiti della giornata era sicuramente l’ora del “Por do sol”.

Tramonto sul Rio São Francisco
La parola che ora mi viene in mente è una sola: SAUDADE, intraducibile perchè è un miscuglio di malinconia e mancanza, mista tuttavia ad un ricordo felice.

Ringrazio questo paese per avermi ospitata, fatta confrontare e mettere in gioco con una nuova cultura con i suoi aspetti negativi e positivi ma da cui ho tratto molti insegnamenti;

Sono grata a Nicola Andrian per avermi sostenuto fin dall’inizio in questo percorso: senza il suo appoggio e la sua fiducia la mia esperienza non si sarebbe concretizzata e a tal proposito, vista l’Odissea che abbiamo passato per poter farmi partire, mi sono aggiudicata il soprannome di Highlander- ne rimarrà una solo.

Ringrazio il progetto INTEREURISLAND, l’Università di Padova e l’Università dello Stato della Bahia/UNEB, in particolare il Prof. Edmerson R.S., la Direttrice Prof.ssa Edonilce R.B. e Priscilla B., della segreteria, per avermi permesso di vivere questa preziosa opportunità, nonostante le attività teoriche si potessero svolgere solo ‘on-line’.

Con la coordinatrice Neuza  
Ringrazio la casa di accoglienza che mi ha ospitata per la parte pratica, in particolar modo la coordinatrice Neuza e i bambini presenti, fonti inesauribili di gioia e insegnamenti che troppo spesso dimentichiamo nella vita quotidiana.

Ringrazio le persone che ho conosciuto in questo percorso che hanno saputo apprezzare la persona che sono e arrivare alla mia essenza nonostante a volte la lingua differente potesse sembrare un ostacolo.

Ringrazio mia mamma, il mio porto sicuro che è sempre stata al mio fianco nonostante le sue mille paure e ansie, mia sorella Ilenia e le mie amiche, in particolare Anna e Simona, che mi hanno sostenuta in questo viaggio e infine ringrazio me stessa, perchè con la mia determinazione e coraggio sono riuscita a fare un ulteriore passo nel mio cammino di educatrice e ad avere maggior consapevolezza di che cosa significa incontrare l’altro.

Qui di seguito condivido un piccolo estratto dal mio diario di bordo il primo giorno nella casa di accoglienza:

Uno dei dettagli importanti da considerare, e forse in parte un limite, è stato l’uso della maschera. Quest’ultima, infatti, non ha permesso di vedere l’intera espressione del viso, soprattutto dei bambini.

Una delle bambine presenti, D., si è fatta da subito notare per il fatto aver partecipato ad ogni proposta.

Nel momento in cui è stata raccontata una favola che aveva come protagonista una farfalla è stata spiegata la trasformazione che avviene in questo animale: ora i bambini sono come lei quando nasce, piccoli bruchi che poi, una volta diventati adulti, avranno le ali per volare e una cosa fondamentale per imparare a farlo è sognare. Il sogno ci aiuta a prendere la nostra direzione. Successivamente è stata regalata a ciascun bimbo una caramella con una farfalla colorata in legno.

È così che quando L., fratello di D. e A., ha cominciato a prendere una farfalla di legno in mano e a farla volare mi sono emozionata immaginando che quella farfalla fosse davvero lui e che un giorno potrà spiegare le sue ali in questo mondo che l’ha già messo a dura prova.

Per questa emozione devo ringraziare una qualità che mi contraddistingue: una forte empatia.

A mio avviso l’ha percepita anche D., che dopo avermi osservata per tutto l’incontro, mi ha chiesto se sarei tornata. Ecco uno dei motivi per cui mi piacciono i bambini; hanno delle sensazioni sottocutanee, invisibili ai nostri occhi, grazie alle quali, nonostante le poche parole scambiate e la lingua diversa, credo abbia percepito la mia “apertura” e intenzione ad essere presente nel “qui ed ora”.

“Senza chiedere è il modo più bello per ricevere”.

Questo è uno dei miei aforismi preferiti ed è quello che è accaduto anche in quest’esperienza: senza nessuna aspettativa ho ricevuto un bagaglio enorme di emozioni, consapevolezze e insegnamenti.

Elisa


Elisa Sartori: Corso di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, Sede di Rovigo, Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata - FISPPA, UNIPD.

L'esperienza di scambio è stata realizzata con la borsa di mobilità del bando ULISSE, UNIPD 2020/2021, grazie all'accordo bilaterale (MoU) firmato fra la UNIPD e la UNEB. 

6 commenti:

  1. Elisa tu sei il coraggio. Chi ti conosce, conosce anche la tua determinazione e sa quanto è stato sognato ma allo stesso tempo temuto questo viaggio. Alla fine hai vinto tu e sei riuscita a regalare la sensibilità che ti contraddistingue a questi bambini/ ragazzi. Solo tu, con la tua dolcezza, potevi affrontare un tema così delicato con bambini che avevano vissuto situazioni di disagio. L' esperienza che hai vissuto è unica, cara Elisa e ormai fa parte di te e della tua formazione. Il futuro ti aspetta.....

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  2. Elisa tu sei il coraggio. Chi ti conosce, conosce anche la tua determinazione e sa quanto è stato sognato ma allo stesso tempo temuto questo viaggio. Alla fine hai vinto tu e sei riuscita a regalare la sensibilità che ti contraddistingue a questi bambini/ ragazzi. Solo tu, con la tua dolcezza, potevi affrontare un tema così delicato con bambini che avevano vissuto situazioni di disagio. L' esperienza che hai vissuto è unica, cara Elisa e ormai fa parte di te e della tua formazione. Il futuro ti aspetta.....

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  3. Carissima Eli, fin dall'inizio hai creduto in questo progetto e ora sei qui a raccontarcelo. Ce l'hai fatta, con le tue forze, contro tutti. Grazie per aver condiviso con noi la tua bellissima esperienza. Non è facile raccontarsi agli altri e mettersi a nudo. Il Brasile e la comunità ti hanno accolto e tu hai ricambiato con la tua bontà, dolcezza, empatia ed educazione.

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  4. Que linda experiência Elisa! Parabéns pelo trabalho e pela trajetória. Quero dizer que para mim foi muito bom conhecer você e compartilhar as vivências no curso com o professor Nicola! Fico feliz que aprendeu sobre saudade! Desejo que sirva de inspiração pra voltar muitas vezes ao Brasil! Por aqui, certamente, há várias pessoas que também sentirão saudades de você!
    Sucesso bella����
    Beijo Susana

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  5. Parabéns!Elisa, muito linda sua experiência e dedicação com as crianças, Espero que você tenha oportunidade de continuar esse trabalho aqui no Brasil, levando esperança e amor para os pequenos.

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