domenica 17 dicembre 2017

Laboratori didattici interattivi e Seminario - INTEREURISLAND e SCHOLAS CHAIRS al CUR, Rovigo.

Una Università che supera le frontiere.
Inter-cultura, inter-nazionalizzazione, inter-settorialità (Mondo accademico e Comunità).
Al CUR, Rovigo, con l'obiettivo generale di implementare nuove strategie di internazionalizzazione di esperienze di responsabilità sociale dell'Università, attraverso la proposta INTEREURISLAND, si sono realizzati i primi 'laboratori didattici interattivi' sulla relazione educativa e il dialogo interculturale..


CUR Rovigo, chiusura del Seminario di presentazione dei laboratori didattici interattivi INTEREURISLAND
prima del saluto finale del Prof. Giuseppe Milan, Presidente del Corso di Laurea in
Scienze dell'Educazione e della Formazione FISPPA, UNIPD, sede di Rovigo.
Circa 120 a lezione assieme l'11 il 12 e il 13 dicembre scorsi. Studenti italiani iscritti al 1° anno del Corso di Studio in Scienze dell'Educazione e della Formazione a Rovigo, FISPPA - UNIPD, studentesse brasiliane in mobilità (provenienti dal Corso di Laurea in Pedagogia del Dipartimento di Scienze Umane DCH, Campus III° - UNEB di Juazeiro, Bahia), ospiti, operatori ed educatrici delle cooperative sociali 'Porto Alegre' e 'Peter Pan' di Rovigo. 


Una novità che crediamo veramente significativa è il fatto che questa attività è collegata al progetto CATTEDRE SCHOLAS, di SCHOLAS OCCURRENTES, di Papa Francesco. Il progetto Scholas si sviluppa attraverso una collaborazione fra scuole, progetti sociali, comunità educative pubbliche e private e Università, confessionali e laiche di tutto il mondo, puntando all’affermazione della cultura dell’incontro per la pace, mediante l’istruzione e attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori sociali.
( http://web.scholasoccurrentes.org/it/ )

Nel quadro generale della proposta INTEREURISLAND, i laboratori didattici interattivi vengono realizzati per sviluppare i vincoli fra il mondo accademico e la comunità attraverso uno scambio e un dialogo alla pari grazie al quale ogni persona coinvolta può insegnare e imparare dalle altre.

Queste attività sono nate dal desiderio di coinvolgere in modo attivo, partecipativo, la totalità degli studenti regolarmente iscritti al corso o ai corsi di interesse per le attività di scambio interculturale e internazionalizzazione. Il corso o i corsi frequentati dagli studenti stranieri in mobilità. In questo specifico caso ci si riferisce all'insegnamento di 'Pedagogia generale e sociale' (Prof. Luca Agostinetto) del 1° anno del corso di studi in Scienze dell'Educazione e della Formazione di Rovigo - FISPPA, UNIPD.

Dinamica sull'Ascolto Attivo e sull'ascolto empatico
Gioco di ruoli per sperimentare la parafrasi e la riformulazione
quali possibili feedback dell'ascolto attivo.

I contenuti tematici sviluppati attraverso una metodologia interattiva sono stati: la relazione educativa e il dialogo interculturale.
Durante le tre mattinate esperienziali si sono alternate attività in plenaria, con lezione frontale, visione e discussione di video, giochi di ruolo ed attività sviluppate in gruppi composti da studenti e persone della comunità.
L'intera attività è stata condotta dal sottoscritto e da un gruppo di educatrici / facilitatrici delle cooperative sociali Porto Alegre e Peter Pan di Rovigo (sedi di tirocinio delle due studentesse brasiliane in mobilità verso Rovigo).

Il gruppo di educatrici / facilitatrici: Angelica Boccato, Chiara Zanchetto, Viola Sattin,
Angela Rosa, Anna Marchetto, Sofia Peresani, Sara Morelli e Nicola A.



Le attività sviluppate nei gruppi di lavoro: La parola alle facilitatrici.

"L’aspetto centrale intorno al quale è stato sviluppato il lavoro del nostro gruppo è stato l’importanza del lavoro su di sé per la costruzione di una relazione educativa efficace caratterizzata da empatia, ascolto e accoglienza dell’altro e di come questa debba essere caratterizzata da una forte intenzionalità. Partendo dai contenuti emersi e dalle dinamiche realizzate nella prima giornata, il gruppo ha riflettuto in particolare intorno agli assiomi della comunicazione di Watzlavick e all’impossibilità di non avere pre-giudizi (sottolineando la connotazione non necessariamente negativa di quest’ultimi) nell’incontro con l’altro. È inoltre emersa la natura configurazionale dei nostri processi percettivi e di categorizzazione sociale (è stato citato a tal proposito l’esperimento di Asch) per cui il gruppo ha elaborato la consapevolezza di come la propria storia, cultura e le proprie convinzioni implicite sull’altro e le relazioni sociali  abbiano un ruolo centrale nel definire le dinamiche relazionali a cui partecipiamo.
Oggetto di riflessione è stata anche la circolarità della comunicazione, per cui ciò che l’altro porta viene necessariamente riletto alla luce di chi siamo e nella stessa misura i messaggi che in maniera più o meno intenzionale inviamo agli altri vengono rielaborati dall’altro attraverso i propri schemi interpretativi; da qui la necessità di una forte intenzionalità dell’educatore nella disponibilità all’ascolto e in una volontà di apertura non giudicante verso l’altro. Alla luce di tali riflessioni e rielaborazioni, ogni componente del gruppo ha individuato il contributo soggettivamente più significativo in risonanza con i propri vissuti ed esperienze ed il lavoro presentato collettivamente attraverso una rielaborazione condivisa  si configura come testimonianza di un’esperienza che grazie all’incontro è altro rispetto alla somma dei singoli contributi (gestalt)." (Angelica B.)


"Nel corso delle giornate dei laboratori, durante le quali sono stata facilitatrice di uno dei gruppi che si sono formati, ho sperimentato la sensazione di essere una guida per qualcun altro. Non un recinto che circoscrive e limita, ma un dito che indica lontano. Nel mio gruppo ho avuto studenti, operatori sociali della cooperativa per cui lavoro, richiedenti asilo e rifugiati, tutti con l'obiettivo di lavorare insieme su quali che erano i compiti assegnati. I tempi dedicati alla riflessione di gruppo sono stati ridotti per il gran numero di attività da portare avanti, ma nonostante questo tutte le persone hanno parlato ed esposto i propri pensieri. Non c'è stato bisogno di insistere più del necessario, forse grazie al coinvolgimento suscitato dalle tematiche toccate durante le ore di lezione: pregiudizio, empatia, ascolto attivo, relazione educativa, strumenti dell'educatore. Cose che hanno acceso nei partecipanti una scintilla curiosa.
C'è stato un confronto alla pari in tutte le attività proposte e abbiamo cercato di fare tesoro di ogni opinione espressa, arrivando alla fine della seconda giornata con una sintesi colorata e creativa del nostro lavoro, di cui tutto il gruppo è stato soddisfatto.

Personalmente credo che gli argomenti proposti abbiano stimolato riflessioni che continueranno per ogni persona che ha partecipato al gruppo e l'eterogeneità dei membri ha potuto fare un po' di luce anche al di là dell'aula universitaria." (Sara M.)

"Durante la prima giornata, a parte i primi momenti iniziali, dedicati all’introduzione delle tematiche e alla divisione in gruppi, abbiamo sperimentato con un’attività i pregiudizi legati alle prime impressioni. Dopo di che, il tempo restante è servito a entrare più nello specifico dei temi affrontati: La Relazione educativa e le capacità e competenze che un educatore dovrebbe sviluppare. Il risultato è stato molto interessante, da una parte gli studenti con le loro nozioni accademiche e dall’altro gli operatori (persone che lavorano da anni nel sociale e che vivono quotidianamente l’essenza della relazione educativa) con la loro esperienza sul campo si sono confrontati dando vita a discussioni avvincenti e profonde sul vero significato della relazione educativa. Il risultato è stato un accrescimento di entrambe le fazioni. A fine del laboratorio gli studenti si sono portati a casa riflessioni su quello che effettivamente nella pratica è LA RELAZIONE EDUCATIVA, e degli elementi fondamentali per metterla in pratica, e allo stesso tempo gli operatori sono usciti arricchiti e con una consapevolezza in più dell’importanza di ciò che fanno tutti i giorni ormai in maniera automatica.

La seconda giornata è stata destinata ad approfondire il significato di ascolto attivo ed empatia. Anche qui, le due fazioni formatesi il giorno prima (studenti da una parte ed operatori/ospiti dall’altra) si sono affrontate a colpi di definizioni, nozioni ed esperienze, facendo sì che alla fine del laboratorio ormai non esistessero più le divisioni iniziali, date dal proprio ruolo. E’ stata raggiunta un’omogeneità di vedute e condivisioni che hanno portato alla realizzazione della presentazione finale, di tutto il lavoro di gruppo, esposta davanti a tutta la classe riunita il 13 dicembre. Per quanto mi riguarda, essere stata testimone di questa avvenuta unione tra teoria e pratica è stato qualcosa di unico ed indescrivibile. Ha confermato ancora una volta che la teoria senza la pratica non può funzionare ma anche che, il contrario, la pratica senza la teoria è debole e rischia a volte di far più male che bene, nonostante l’intento da cui si parte sia di fare il bene." (Viola S.).


"Quanto è emerso dal lavoro di gruppo durante i due giorni di formazione è stato semplificato in un cartellone. L’ideazione dello stesso è stata incoraggiato dalla sottoscritta, soprattutto per ovviare ai tempi di lavoro molto brevi, ma il contributo maggiore è stato dato nella presentazione del cartellone alla classe, ad opera di due studentesse dell’UNIPD e di due ospiti della Porto Alegre. È un segnale significativo di quanto il lavoro di squadra e l’uguaglianza dei membri siano stati raggiunti e dall’entusiasmo che in particolare un ragazzo guineano ha manifestato per la gioia di essere lì, in formazione.
Il feedback da parte degli studenti è stato positivo, in considerazione delle risonanze all’interno del gruppo e del fatto che in molti hanno detto che gli elementi trattati sono più insegnamenti di vita che di una precisa professione. Anche i ragazzi della Porto Alegre hanno detto che l’incontro è “piaciuto” e che avrebbero voluto ritornare all’università, o per lo meno, che questa formazione accademica potrebbe far parte del loro progetto migratorio nel lungo periodo. In ogni caso, hanno parlato i volti, gli sguardi delle persone che esprimevano pienezza e gioia.
In queste tre giornate, il lavoro più importante è avvenuto silenziosamente, nel tentativo di rompere molti schemi e barriere sia della mente che del cuore in tutti i presenti (professori, studenti, operatori, educatori, educandi, …), soprattutto attraverso la presenza, lo stare con l’altro ma in modo attivo, sollecitando la condivisione, il dialogo, il confronto." (Angela R.)


"Il primo giorno abbiamo riflettuto sul lavoro dell'educatore. Che cosa significa educare? Cosa fa un educatore? Per stimolare la conversazione ho chiesto ai partecipanti al gruppo di pensare al perché hanno scelto proprio quel percorso di studi e che cosa si aspettano di dover fare professionalmente, una volta che si sarà concluso. Dalle risposte che sono emerse era possibile risalire a un'idea comune: l'educatore è colui che fa emergere ed esprimere qualità individuali. Non un dare (lezioni, norme di comportamento) ma un coltivare. Non essendo presenti operatori nel gruppo ho condiviso la mia esperienza personale: io lavoro ogni giorno con persone sopravvissute a situazioni nelle quali io, al loro posto, sarei probabilmente morta, sono emotivamente più forti di me. Qual è dunque il mio ruolo? Come posso io essere loro d'aiuto a parte per le mie competenze da nativa italiana (lingua, conoscenza del sistema legale, politico, ecc.)?
Il secondo giorno ci siamo concentrati sulla relazione educativa e sulle competenze necessarie per portarla a buon fine. Gli studenti hanno riflettuto su quanto detto in classe riguardo l'ascolto attivo e l'empatia e hanno individuato altre caratteristiche che un educatore dovrebbe coltivare: tra di esse, la competenza teorica (acquisita nel corso degli studi), l'intraprendenza, il coraggio. 
Ci siamo lasciati con la seguente riflessione: sosterranno tutti gli esami, scriveranno e discuteranno la tesi e otterranno la laurea; questo non li/le renderà immediatamente educatori/trici. Il lavoro dell'educatore è fatto non solo di teorie ma anche e soprattutto di pratica, di esperienze sul campo. La risposta alla domanda "chi è un educatore?" non è semplice e richiede un lungo cammino per essere trovata, ma bisogna iniziare da ora a cercarla, dai primi mesi del primo anno di corso, continuando a porsi la domanda ad ogni passo. (Sofia P.)

Durante il seminario di mercoledì 13, in chiusura delle restituzioni dei gruppi di lavoro, un piccolo pensiero della Cooperativa Peter Par di Rovigo, consegnato dalla Presidente Beatrice Girotto ai Prof. Giuseppe Milan, Luca Agostinetto e a Nicola Andrian.



Il seminario si è concluso con la presentazione dell'esperienza di mobilità internazionale attraverso la proposta INTEREURISLAND.
Esperienza realizzata da tre studentesse del Corso di Studio in Scienze dell'Educazione e della Formazione di Rovigo, nel periodo da marzo a luglio del 2017, verso il Dipartimento di Scienze Umane, al Campus III° dell'Università dello Stato della Bahia (UNEB), nella città di Juazeiro-BA in Brasile.
Per conoscere a fondo le tre diverse esperienze vi invitiamo a leggervi i bellissimi e significativi report finali di Chiara Zanchetto e Ilaria Allegri, riportati di seguito in questo Blog.
INTEREURISLAND, mobilità verso il Brasile. Presenta Chiara Zanchetto
Crediamo in un'Università come questa!!

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